Don McCullin a Roma - Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale,
194 - Roma
(Foto: Don McCullin
Early morning at the Kumbh Mela, Allahabad, India | Mattina presto alla festa religiosa del Kumbh Mela, Allahabad, India, 1989
Stampa ai sali d’argento | Gelatin silver print
cm 87 x 105,5
© Don McCullin, Courtesy Hamiltons Gallery
)
Mostra in corso dal 10 ottobre 2023 al 28 gennaio 2024
Dal 10 ottobre 2023 Palazzo Esposizioni Roma presenta Don McCullin a Roma, la prima grande
retrospettiva in Italia e, a oggi, la mostra più ampia mai dedicata al fotografo britannico di fama
internazionale Don McCullin. L’esposizione raccoglie in maniera esaustiva le diverse fasi del suo
lavoro, sino alle fotografie più recenti nelle quali, in una sorprendete visone d’insieme, l’autore
sintetizza le sue esperienze più radicali.
Comunicato stampa della mostra Don McCullin a Roma
La mostra, che si protrarrà fino al 28 gennaio 2024, è curata
da Simon Baker, in stretta collaborazione con Don McCullin e Tim Jefferies e con l’assistenza di
Catherine Fairweather, Jeanne Grouet, Lachlann Forbes. La mostra è promossa dall’ Assessorato
alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, prodotta e organizzata dall’Azienda
Speciale Palaexpo.
La mostra a Palazzo Esposizioni si riallaccia idealmente, ampliandola, all’antologica della Tate
Britain curata da Simon Baker nel 2019. Oltre a ripercorrere i momenti più significativi del lavoro di
McCullin, presenta la serie dedicata all’Impero romano, avviata negli anni Duemila, che lo stesso
autore considera un punto di arrivo nel quale si sovrappongono, fondendosi, i temi cardine della sua
fotografia: il ‘dolore’ delle immagini dell’Inghilterra ‘subalterna’ e quello delle guerre sparse nel
mondo, e la ‘pace’ dei paesaggi del Somerset in cui McCullin si ‘rifugia’ per lenire la sofferenza delle
sue esperienze di guerra. Nell’attuale mostra ‘dolore’ e ‘pace’ convivono nell’indagine fotografica
culturale, architettonica e storica sui resti dell’Impero romano nell’area del Mediterraneo meridionale.
Esposte a Roma, queste fotografie offrono un nuovo focus sulla storia della Città, rileggendola, come
accaduto in “Vita Dulcis” e in “Roma, a portrait” – le mostre che si sono da poco concluse a Palazzo
Esposizioni – in relazione a tempi storici o a culture diverse.
Noto per il suo atteggiamento audace e diretto, mai privo di coinvolgimento emotivo nei confronti dei
soggetti ritratti, McCullin ha dato vita ad alcune delle immagini di povertà, carestia e guerra più
immediatamente riconoscibili di tutta la storia della fotografia. Ha anche documentato il paesaggio,
sia in patria che all’estero, con lo stile e la passione che distinguono tutto il suo lavoro. Il percorso
della mostra, composta da oltre 250 fotografie, si sviluppa attraverso sei diverse sezioni, una per
sala, ciascuna dedicata a uno dei seguenti gruppi di opere: Esordi, Guerra e Conflitti, Immagini
documentarie del Regno Unito, Immagini documentarie all’estero, Paesaggi e Nature morte,
L’Impero romano.
La retrospettiva è accompagnata dall’uscita di un nuovo libro, Don McCullin: Life, Death and
Everything in Between, pubblicato da GOST Books, Londra.
ESORDI
Don McCullin è cresciuto a Finsbury Park, un quartiere operaio nel nord di Londra, e molti dei suoi
primi scatti riflettono proprio le persone e i luoghi in cui viveva. Dopo un esordio come fotografo sotto
le armi, McCullin ha portato la macchina con sé in Inghilterra e non se n’è più staccato, dando avvio
a quello che sarebbe stato l’impegno di una vita con la fotografia. Il primo successo è arrivato
direttamente dalla sua comunità grazie a una fotografia di “The Guvnors”, una banda di ragazzi del
quartiere che conosceva per lo più personalmente. Nelle altre sue immagini della Londra della fine
degli anni Cinquanta e dei primi Sessanta vediamo una città che sembra guardare al passato e allo
stesso tempo al futuro: pecore che vengono ancora portate al macello all’alba, appena dietro alla
stazione di Kings Cross, mentre intorno nuove comunità si insediano e nuove mode e tendenze
politiche prendono piede. I primi anni Sessanta sono stati anche il momento del suo primo importante
‘incarico’ all’estero, che paradossalmente fu lui stesso ad assegnarsi pagandosi il biglietto per
Berlino di tasca propria proprio nel momento in cui si procedeva alla costruzione del Muro. Da questo
avvenimento storico McCullin sarebbe ritornato con immagini incredibili, che gli avrebbero valso un
contratto con il quotidiano The Observer e il suo primo Press Award. Per tutta la vita, il suo fiuto per
le storie gli sarebbe tornato utile, che si trattasse di ritrarre la povertà e la protesta in patria o il
conflitto e la tragedia altrove.
GUERRA E CONFLITTI
McCullin è riconosciuto a livello internazionale come uno dei maggiori fotografi di tutti i tempi, avendo
lavorato per importanti giornali britannici come The Observer e The Sunday Times, sempre
esponendosi a grossi rischi in alcuni dei conflitti più violenti e catastrofici della fine del ventesimo
secolo. Benché la prima delle sue ‘guerre’ sia stata la guerra fredda nello scenario della Berlino
divisa, le sue prime vere e proprie esperienze di reporter sulla violenza di guerra le ha vissute a
Cipro e in Congo. Ma a consolidare la sua reputazione e i meriti del suo coraggio e della sua
compassione, elementi chiave della sua attività di fotografo di guerra, sarebbe stato il Vietnam. Ben
prima della ormai consueta pratica dell’embedding, in cui l’accesso dei fotografi ai teatri bellici e i
loro scatti sono rigorosamente controllati dall’esercito, McCullin col suo obiettivo ha catturato l’orribile
realtà della guerra su entrambi i fronti rivelando, con le sue immagini di traumi e di morte esenti da
qualsiasi censura, un conflitto destinato a diventare sempre più impopolare e controverso man mano
che durava. In McCullin, l’imperativo morale di mostrare la guerra senza infingimenti non è mai
venuto meno in ogni conflitto da lui testimoniato: dalla violenza con i suoi inevitabili effetti di
sradicamento e carestia in Biafra e Bangladesh, all’orrore della guerra civile in Libano e, più vicino
a casa, ai disordini nell’Irlanda del nord, i cosiddetti Troubles, degli anni Settanta. Nonostante nel
1979 si fosse ripromesso di smettere di fotografare guerre e conflitti, McCullin ha continuato di
quando in quando a rimettersi in gioco, documentando la repressione dei curdi in Iraq agli inizi dei
primi anni Novanta e la seconda guerra irachena nel 2003, e, più recentemente, anche quella in
Siria.
IMMAGINI DOCUMENTARIE DEL REGNO UNITO
Appena cominciò a godere di un certo successo come fotografo vendendo le sue foto a giornali e
riviste, McCullin iniziò anche a coltivare quelli che successivamente avrebbe considerato i suoi
progetti personali, molti dei quali incentrati sulla parte nord dell’Inghilterra che si era andata
rapidamente impoverendo a causa della deindustrializzazione. Nonostante le foto di Bradford e delle
altre città del nord venissero comunque pubblicate, erano per lo più destinate ai libri e non alle riviste,
e non erano mai il risultato di un incarico assegnatogli. Più che altro McCullin sembrava essere
preda di un’ossessione che lo spingeva a ritornare insistentemente su queste comunità operaie, allo
scopo di rivelare la vita difficile e lo spirito indefesso di coloro che ne facevano parte. Dalla Liverpool
dei primi anni Sessanta, alla Bradford degli anni Sessanta e Settanta, McCullin sorprende queste
città nel momento del loro crollo materiale e sociale. Molte delle foto di questo periodo mostrano
l’incredibile povertà di alcune parti della Gran Bretagna del dopoguerra dove gli uomini di potere
raramente si spingono, luoghi dove la gente si arrangia in alloggi al limite dell’abitabilità o vive per
strada non avendo altri posti dove andare. Invece, più vicino a casa, in un Est End oggi per noi
irriconoscibile, McCullin torna varie volte a fotografare un gruppo di senzatetto da lui individuato,
spesso persone traumatizzate sul piano psicologico che vivono per strada, ai margini di una società
che è solo a due passi dai ricchi quartieri finanziari di Londra. Ma grazie al suo approccio originale
e all’umanità che lo contraddistingue, McCullin riesce a darci dei ‘ritratti’ veri e propri di individui a
cui restituisce un’identità, come nel caso della senzatetto Jane con cui è entrato in contatto, anziché
il semplice resoconto di una condizione sociale.
IMMAGINI DOCUMENTARIE DELL’ESTERO
Coinvolto non solo dai luoghi che scopriva nei suoi incarichi, ma anche dalle persone che vi
incontrava, nel tempo McCullin ha mantenuto rapporti con parecchie parti remote del mondo al di là
della sua attività di fotografo di guerra. Da esponente della classe operaia animato da un autentico
spirito cosmopolita qual è, sempre interessato alla sofferenza e alle capacità di ripresa, l’occhio di
McCullin nella sua continua ricerca ha saputo anche vedere, al di là della miseria e della tragedia,
la diversità e la forza dei popoli all’interno di una varietà di contesti. L’India è stata per lui fonte di
fascinazione e ispirazione ininterrotta nel corso di molti soggiorni, dalle grandi feste collettive lungo
i fiumi Gandak e Gange, al pellegrinaggio alla Kumbh Mela, fino alle potenti immagini che ritraggono
la disabilità e la deformità dei singoli, rese e fotografate rispettandone la grande dignità. Inoltre, il
talento di McCullin si è espresso non solo attraverso memorabili ritratti dei membri della tribù dei
Karo e dei Surma in Etiopia meridionale, ma anche tramite le immagini che colgono le vite nel cuore
del deserto, all’interno delle remote regioni selvagge dell’Egitto e del Sudan.
PAESAGGI E NATURE MORTE
Oltre al suo ineguagliabile ruolo come fotografo di guerra e al suo prezioso contributo in ambito
documentaristico, Don McCullin annovera più di quarant’anni di esperienza come fotografo
paesaggista, nel corso dei quali è andato sviluppando una visione originale ed elegiaca del
paesaggio rurale britannico. Nel suo libro del 1979, Homecoming, McCullin dichiarava di voler ormai
tagliare i ponti con la fotografia di guerra e trovarsi “un rifugio in campagna” dove “poter fotografare
l’Inghilterra per il resto della vita”. La franchezza nella valutazione del problema e della sua soluzione
è tipica di McCullin; tuttavia, che i due aspetti della sua attività siano così distinti l’uno dall’altro come
forse auspicava non appare del tutto chiaro. Perché nonostante un bel rifugio nella campagna del
Somerset, nel sud ovest dell’Inghilterra, le foto che ne sono nate hanno ben poco dell’idillio
pastorale. La visione che McCullin ha del proprio paese, caratterizzata dalle immagini dei campi
lavorati dall’uomo allagati e sotto la sferza del vento, su cui in genere incombe un cielo cupo e quasi
nero, è gravida di drammaticità e pathos. Nel suo vagare d’autunno e d’inverno per le colline e le
paludi del Somerset e ritirandosi nella sua camera oscura durante i mesi assolati dell’estate,
McCullin ci consegna un resoconto del mondo attorno a sé brutale e spesso addirittura tetro, in un
certo qual modo intriso di conflitto. Allo stesso modo i paesaggi scozzesi appaiono più pervasi dal
sublime che dalla loro tradizionale bellezza, proprio come le sue toccanti composizioni di nature
morte, poetiche e cariche di emotività.
L’IMPERO ROMANO
All’inizio del nuovo millennio McCullin ha dato avvio a ciò che lui stesso considera il suo ultimo
grande progetto, una sorta di indagine fotografica culturale, architettonica e storica sui resti
dell’Impero romano nell’area del Mediterraneo meridionale. Denominato Frontiere del sud, il progetto
mescola un acuto sguardo sul paesaggio con un appassionato coinvolgimento per la capacità delle
rovine romane di testimoniare lo scorrere del tempo. Dal Marocco all’Algeria nel sud ovest, fino alla
Siria e al Libano nel nord est, McCullin ha passato anni a fotografare e rifotografare siti famosi come
Baalbek, Palmira e Volubilis. Una posizione particolare in questo lavoro lo occupa Palmira, non solo
in quanto sopravvivenza di un’antica civiltà, ma anche come indicatore tangibile del passaggio del
tempo, rimasta intoccata per migliaia di anni fino a quando non è stata attaccata e gravemente
danneggiata dall’autoproclamatosi Stato islamico nel secondo decennio del Duemila.
L’attività di McCullin in questo campo non si è interrotta nemmeno durante la pandemia, con un
importante lavoro in Turchia da cui è nato il suo libro più recente, Journeys across Roman Asia
Minor.
Le opere più recenti qui esposte sono al contempo un ampliamento e un’evoluzione rispetto alle
immagini di Frontiere del sud e sono focalizzate su oggetti scultorei ben precisi. L’interesse per il
patrimonio dell’antica Roma ha portato infatti McCullin a cercare di accedere ad alcune delle
maggiori collezioni di scultura romana presenti in Italia e negli Stati Uniti. Realizzate con tutta la sua
consueta competenza e la persistente passione per alcuni dei reperti storici più belli e significativi,
le ultime foto che McCullin ci consegna si rivelano testimonianza eloquente del suo inesauribile
impegno nel tempo verso la fotografia, come forma d’arte pari a tutte le altre.
DON McCULLIN BIOGRAFIA
Don McCullin è nato nel 1935 a Finsbury Park, a Londra, ed è oggi riconosciuto come uno dei più
grandi fotografi del mondo. McCullin ha iniziato la sua carriera con una reflex biottica Rolleicord negli
anni Cinquanta a Londra, e le sue foto, che ritraevano con una certa crudezza amici ed eventi locali,
come ad esempio quella di una famigerata gang del suo quartiere, hanno subito suscitato l’interesse
dei direttori delle riviste per il suo innato talento, procurandogli un lavoro al The Observer. Durante
tutta la sua carriera, la sua passione di rappresentare l'ingiustizia e la povertà non è mai venuta
meno, e si è tradotta in lunghe frequentazioni delle zone povere di Londra e del nord dell'Inghilterra,
per le quali è stato riconosciuto come uno dei più importanti fotografi documentaristi britannici. Tra il
1966 e il 1984, McCullin ha lavorato principalmente per il The Sunday Times Magazine, all'epoca
all'avanguardia del giornalismo critico e di inchiesta, che pubblicava ampi reportage riccamente
illustrati. Tra le varie missioni di McCullin di questo periodo ci sono la guerra in Biafra, il Congo Belga,
i cosiddetti troubles in Irlanda del Nord, il Bangladesh e la guerra civile del Libano. Tuttavia, le sue
fotografie più apprezzate sono quelle che mettono in luce i terribili costi umani delle guerre in
Vietnam e in Cambogia, da lui ampiamente documentate. Per riuscire a catturare queste immagini,
allo stesso tempo intime e strazianti, McCullin è sempre stato disposto a correre rischi enormi. È
stato minacciato con un coltello a un posto di blocco musulmano di Beirut perché in possesso di un
accredito stampa concessogli dai falangisti, accecato dai lacrimogeni durante una rivolta a Derry,
nell'Irlanda del Nord, e ferito dai frammenti di una granata in Cambogia. Nei primi anni Ottanta,
Harold Evans, leggendario direttore del Sunday Times, si dimise a causa di divergenze
sull’indipendenza editoriale quando Rupert Murdoch assunse il controllo del giornale. Il sostituto di
Evans, Andrew Neil, licenziò McCullin, il quale lamentava la mancanza, da parte del giornale, di una
seria copertura degli eventi internazionali e sociali sotto la nuova direzione. Nonostante l’intenzione
iniziale di abbandonare la fotografia di guerra per dedicarsi al paesaggio inglese, McCullin ha
continuato a girare il mondo e a fotografare, visitando l’India, la Siria e molti paesi del continente
africano, dove ha realizzato un importante lavoro documentario sulla crisi dell'AIDS. Uno dei suoi
viaggi più ambiziosi lo ha portato a esplorare le rovine ai confini meridionali dell'Impero romano.
Questo progetto è durato diversi anni ed è documentato nel libro Southern Frontiers: A Journey
Across the Roman Empire (2010). Attualmente vive con sua moglie Catherine nel Somerset. Da
molti anni dedica tutto il tempo che trascorre a casa alla sua passione per il paesaggio britannico,
celebrato nei suoi libri più recenti: fotografare quei paesaggi cupi e potenti allevia il peso delle
sofferenze e delle tragedie di cui McCullin è stato testimone durante la sua carriera.
Don McCullin è autore di oltre una dozzina di libri e le sue opere sono presenti in numerose collezioni
pubbliche e private di tutto il mondo. Nel corso degli anni, gli sono stati conferiti molti riconoscimenti,
tra cui i prestigiosi premi del World Press Photo, il Cornell Capa Award dell'International Centre for
Photography di New York per il contributo dato alla fotografia nella sua intera vita nel 2006, il Lucie
Award per i suoi successi nel campo del fotogiornalismo nel 2016, nonché il premio alla carriera
dell'International Centre for Photography nel 2020. La sua importanza nell'arte britannica è stata
confermata da una retrospettiva dedicatagli dalla Tate Britain nel 2019, poi replicata alla Tate
Liverpool nel 2020.
Nel 1993 è stato il primo fotoreporter a essere nominato Comandante dell'Ordine
dell'Impero Britannico (CBE) e in seguito nel 2017 è stato insignito del titolo onorifico di baronetto
Informazioni utili per la visita
Orari: da martedì a domenica dalle 10.00 alle 20.00. Lunedì chiuso. L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura.
Biglietti: intero € 12,50; ridotto € 10.
Sito web: Palazzo
delle Esposizioni |